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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Insieme - Creiamo una storia? 3








❤❤❤❤❤



Eccoci qui per la terza volta!

Dopo il primo racconto, "La fontanella", si è appena concluso anche il secondo, "Il pacchetto".
Siamo quindi pronti ad iniziarne uno nuovo.
Spero che ci abbiate preso sempre più gusto e che accediate in molti!
Più  siamo più  la storia si arricchisce e sarà interessante!

Dunque, partiamo!


Il piccolo ristorante, quasi una trattoria, era poco più grande della sua sua sala da pranzo.
Era, però, fresco e pulito e alle finestre bianche tendine ricamate facevano bella mostra di sé.

"Crostini con polenta e finferli,  formaggio..."
"Finferliii?!! Le va di scherzareee??".
Giada interruppe in malo modo il povero cameriere pieno di zelo.

........................................................................



❤❤❤❤❤




30 commenti:

  1. ❤❤❤❤❤

    "Non ha visto la spilla del mio rango?!?"
    Giada accennò rapidamente con gli occhi alla spilla da magistrato che brillava discreta sul suo petto.
    Il cameriere fece cenno di sì con la testa abbassando gli occhi, sempre più visibilmente spaventato nella sua espressione contrita.
    "Dovrebbe sapere allora che per il regolamento 2376bis comma 23 articolo 81 che a sua volta demanda ad un decreto del Ministro del Lavoro
    n.449 SOL235 in attuazione della legge imperiale XXVCI... a noi magistrati non possono essere MAI somministrati funghi di alcun genere.
    Sa o *dovrebbe sapere* che tale legge fu adottata dopo la campagna di omicidi di alte cariche della difesa legislativa che sconvolse l'impero sotto Bauino VI!!"
    Il cameriere arrossiva e sudava visibilmente.
    "Mi piacerebbe sapere" il tono di voce di Giada si andava sensibilmente alzando diventando via via più acuto "presso quale accademia ha conseguito l'investitura a Maior domus!"
    Il cameriere abbassò ancora di più la testa cercando farsi più piccolo possibile.
    "Commettere un simile errore già alla richiesta degli antipasti!... dei funghi! I n c o n c e p i b i l e!!" Giada scandì bene le lettere per mortificare l'uomo e farsi udire bene dagli altri presenti.
    " E per primo cosa aveva intenzione di servirmi? Polpo dagli anelli blu? Carne di cobra arrostita con stramonio?Cernia con bacche di belladonna?"
    La donna strinse gli occhi con fare ironico. Era una donna molto bella quando l'ira e la crudeltà non stravolgevano il suo viso.
    "Ma per sua fortuna mi è simpatico, inoltre non ho voglia di compilare i documenti per farla giustiziare.
    Preferisco qualcosa di alternativo e creativo, quindi...."

    ♠♠♠♠♠

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  2. Giada aveva gradualmente recuperato un controllo adeguato della voce e dei sentimenti.
    Con un lampo di ironia, alzò di nuovo lo sguardo sull'uomo.
    Intanto, superato quel troppo lungo momento di disagio, il povero cameriere aveva smesso di arrossire e di sudare.
    Anzi! Ora, aggredito da tale una veemenza, sentiva di rischiare letteralmente un travaso di bile.
    Un saporaccio amaro gli era salito alla gola, mentre pensieri terribili si erano prepotentemente affacciati alla sua mente.
    “Un po’ di cianuro, però, te lo servirei volentieri...” gli venne fatto di pensare “ma visto che... IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE...”.
    In una frazione di secondo ritornò alla concretezza della realtà.
    Guardò ossequioso la donna – il magistrato con tanto di spilla-distintivo – e sfoderò il suo sorriso migliore, quello che i clienti amavano moltissimo e che gli faceva raggranellare fior di soldini a fine giornata.
    “Posso assicurare che i nostri finferli sarebbero stati del tutto all’altezza della situazione, signora.
    I nostri finferli sono stati regolarmente collaudati, come del resto era doveroso.
    Infatti, il nostro gatto assaggiatore ne ha mangiati con gusto una grande quantità.
    Possiamo assicurare che è ancora vivo... fa beato le fusa sul divano nel patio ed è un piacere guardarlo.
    Comunque è certamente più interessante lasciare la polenta e passare ad un’altra specialità della casa... Che ne direbbe di una frittatina di uova di quaglia con qualche goccia di aceto balsamico e un che di erba cipollina?”.

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  3. Giada fulminò con lo sguardo il cameriere per la sua ritrovata baldanza.
    Faceva il furbo? Se la legge diceva MAI funghi voleva dire MAI... non c'era assaggio che tenga!
    La tentazione di giustiziarlo tornava a farsi sentire.
    Ma si vantava di essere una donna ragionevole e decisamente sottile.
    Il suo sguardo si fece di nuovo ironico:
    "Frittatina dice? E frittatina sia!... Però non di banali uova di quaglia.
    Se di specialità si parla voglio che sia davvero speciale.
    Che ne direbbe di una frittata di uova di basilisco?"
    Cominciò a fissare con aria innocente l'uomo che sbiancò visibilmente.
    "Ba..basilisco?" cercava di balbettare l'uomo.
    "Mi dicono sia deliziosa. Ma non ne ho mai assaggiata una. Improvvisamente ne ho una voglia matta."
    "Ma signora, signorina, signor magistrato, vostra saggezza non abbiamo uova di... basilisco."
    Conservando l'aria innocente Giada si guardava intorno come distratta : "Ummm non ne avete. E vorrà dire che sarà incaricato lei di procurarsele. Non ho fretta, tornerò.
    Non ho fretta... non troppa almeno."
    Giada sorrise con aria allegra e seducente mentre si alzava per dirigersi all'uscita.
    Eh sì. Era decisamente valsa la pena di fermare la carrozza davanti a quel minuscolo ristorante.
    Tutto ciò le aveva rallegrato la giornata che, finora, non era stata certo prodiga di momenti lieti.
    Una bella cerca la metteva sempre dell'umore giusto.
    Comunque si fosse conclusa l'uomo avrebbe imparato qualcosa.
    Oh se avrebbe imparato, se fosse sopravvissuto sicuramente sarebbe diventato più saggio,
    si diceva sorridendo con se stessa mentre imboccava la porta.

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  4. Risalita in carrozza, Giada si allontanò velocemente dal piccolo ristorante, decisa a raggiungere la sua meta nel più breve tempo possibile.
    Aveva sorriso per un po’ con il povero e disorientato cameriere.
    Pensò anche, per un attimo, che gli aveva lasciato davvero un bel dilemma da risolvere.
    Trovare le uova di basilisco non era certo uno scherzetto e, ne era certa, niente gli avrebbe dato pace finché non le avesse trovate.
    Bene, avrebbe ripensato a questo in un secondo momento.
    Adesso doveva assolutamente concentrarsi sul suo obiettivo.
    I tempi stringevano. Non si poteva più attendere oltre.
    Colse al volo che la strada che stavano percorrendo si era molto modificata.
    Infatti, si erano lasciati l’abitato alle spalle già da bel pezzo.
    In quel momento, solo campi sterminati si estendevano sui due lati a perdita d’occhio.
    Con un gesto meccanico, Giada si scostò dalla fronte una folta ciocca di capelli, una ciocca così impertinente che le ballonzolava impudica davanti agli occhi, frammentando ogni cosa su cui spostava lo sguardo. Non c'era alternativa. Avrebbe dovuto tagliarla appena possibile.
    Stava diventando davvero impaziente, quando davanti a sé cominciò a scorgere i primi alberi.
    Un’ulteriore manciata di secondi ed ecco la carrozza infilarsi nel bosco e proseguire a velocità vertiginosa, sfiorando pericolosamente i mille rami annosi.

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  5. La destinazione la spaventava.
    E lei non era per niente una donna che si spaventava facilmente.
    Ma consultare la Sibilla era diventato irrimandabile e fondamentale.
    Sapeva che sarebbe arrivata in anticipo rispetto all'udienza concessale,
    ma non era riuscita ad arginare del tutto l'ansia che la pervadeva.
    Aveva paura del responso.
    Temeva il responso positivo.
    Era terrorizzata all'idea di un responso negativo.
    Ma niente l'avrebbe dissuasa dal voler sapere.
    Ormai non era più una implume giovinetta, gli anni erano passati anche per lei pur se la mezza età non era stata ancora varcata.
    Non sapeva se si sentiva pronta per quello che sarebbe potuto succedere.
    Il tragico però sarebbe stato che non succedesse proprio nulla.
    Tragico non solo per lei.

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  6. Con mala grazia, la donna scostò ancora una volta la fastidiosa frangetta che rendeva lo scenario intermittente e ancora più inquietante.
    Percepì improvviso il peso della sua ansia che andava via via montando. Ora, se ne sentiva avviluppava in ogni più piccola fibra del corpo e quasi quasi non riusciva più a pensare con un minimo di lucidità.
    La carrozza sobbalzò sulle intricate radici nodose che ricoprivano quella specie di incomprensibile sentiero.
    Certamente era quello giusto, ma non ne era più completamente sicura.
    Tutta la baldanza di cui si era servita con il malcapitato cameriere era ormai scomparsa... si sentiva impaurita come una scolaretta che affrontava il primo giorno di scuola.
    Intanto la poca luce residua era stata inghiottita dal buio della foresta sempre più fitta.
    Proprio in quel momento, un grosso barbagianni si levò in volo davanti alla carrozza, totalmente incurante di lei nella folle corsa verso una probabile preda.
    Ovunque, enormi occhi gialli, immobili e per certi versi inespressivi, osservavano il suo passaggio.
    Quell’immobilità risultava alla donna oltremodo minacciosa e aggressiva.
    Non contribuiva certo a predisporla nel migliore dei modi... e l’ansia montava sempre più sotto la fastidiosissima frangetta.
    Scricchiolii, ululati, gracidar di rospi nello stagno, tonfi, batter di ali, graffiare d’artigli, guaiti...
    Paludi, acquitrini, banchi di nebbia improvvisi, scrosci d’acqua di un attimo... la foresta si esprimeva al massimo delle sue potenzialità.
    Giada non vedeva l’ora di giungere a destinazione.
    Era, sì, fondamentale arrivare in orario... ma non vedeva l’ora di affrontare il problema per liberarsi di quella terribile ansia che l’attanagliava e, ormai, non la faceva più respirare.

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  7. Sempre più irragionevolmente agitata, e il fatto di esserne cosciente l'irritava ulteriormente, giunse presso l'antro della Sibilla.
    Scese dalla carrozza.
    Era in anticipo come si aspettava.
    Da un lato era un bene ma non sapeva se la Sibilla avrebbe apprezzato.
    Fece cenno al cocchiere di attendere lì.
    Era già stata presso questa grotta, quando aveva raggiunto la pubertà... per la cerimonia della Piccola Sorella Rossa.
    Un momento importante che le era rimasto impresso, non un ricordo spiacevole ma anche allora... non si era trovata granchè a suo agio in presenza dell'oracolo.
    Scostò la ciocca di capelli che la infastidiva e si fece coraggio.
    Dall'ampio ingresso si intravedeva il lungo e stretto corridoio che l'avrebbe condotta al salutatorium oracoli, l'ampia sala dove i questuanti venivano ricevuti.
    Il corridoio sembrava infinito anche a causa dell'alternarsi di zone di luce ed ombra, di forma geometrica.
    A lei quella forma da ragazzina ricordava tanto una casetta, e il susseguirsi delle casette in quel lunghissimo corridoio le era sembrato persino quasi buffo.
    Da adulta non poteva fare a meno di chiedersi da dove venisse la luce che illuminava le zone splendenti.
    Sì di certo c'era qualche sistema per incanalare la luce solare... il problema è che lì, nella foresta, di luce solare non se ne vedeva.
    Entrò nel corridoio e, mentre lo percorreva per quelle che le sembravano mille eternità, sentiva l'aria farsi sempre più "densa".
    Arrivata infine al termine del corridoio cercò di abituare gli occhi alla penombra della vasta caverna.
    La Madre Sibilla era assisa sul suo trono assorta con gli occhi chiusi.
    Li aprì, alzando la testa di scatto.
    Mille domande si affollavano nella testa del magistrato, e soprattutto una si ripeteva in mille varianti, ma non trovò la forza di farne nessuna.
    La fissava non con astio o approvazione di alcun genere ma, indagatrice, le scrutava dentro.
    E lei tornò immediatamente ragazzina.
    Non più magistrato, non più donna...piacente e sicura della sua femminilità, non più persona matura e capace di decidere della vita propria e altrui... ma smilza ed esile ragazzina, sfrontata e al contempo tremante.
    La sacerdotessa alzò la mano di scatto tendendole qualcosa.
    Dopo qualche secondo di titubanza Giada si avvio verso di lei per ricevere l'oggetto, qualsiasi cosa fosse.
    Lo sentiva ora nella mano, strano ed estraneo al tatto.
    Voleva guardare all'istante ma un movimento troppo brusco sarebbe stato poco dignitoso e rispettoso.
    Quindi portò la mano all'altezza degli occhi e cominciò lentamente ad aprirla....

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  8. La donna aveva stretto così esageratamente l’oggetto, che la Madre Sibilla le aveva dato, che ora la mano cominciava a farle male.
    Tuttavia lei non se ne avvedeva minimamente, intenta com’era a controllare il tremito che la scuoteva in ogni più piccola fibra del suo corpo.
    Dunque, lentamente cominciò a sbirciare all’interno di quel pugno un po’ isterico che aveva portato all’altezza degli occhi.
    Un brivido simile ad una saetta l’attraversò dalla testa ai piedi, quando individuò la sagoma di quell’oggetto… sibillino.
    Aveva riconosciuto immediatamente la pietra, una pietra liscia, una pietra verde, scura e pesante, una pietra di malachite.
    Era stata però la forma a pietrificare anche lei.
    La pietra, che ora avvertiva rovente tra le dita intirizzite, mostrò immediatamente le sue due rotondità.
    Più piccola quella in alto, proprio sopra un piccolo restringimento che le correva tutto intorno. Più grande e enigmatica quella inferiore.
    Oh, sì! L’aveva riconosciuta all’istante.
    E come se l’aveva riconosciuta!
    Sembrava che il tempo non fosse affatto trascorso da quel giorno lontano, lei ragazzina magrissima, esile, sfrontata e tremante a un tempo.

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  9. Quella pietra aveva un solo significato.
    Le sue rotondità,le due forme speculari di dimensioni diverse, la fortissima energia che emanava... tutto aveva un significato univoco :
    le urlava che la sua vita era cambiata.
    Era pronta per questo?
    Ci sperava, si sentiva in dovere di farlo... ma era pronta dentro di sè?
    Sin da quando era entrata nella pubertà sapeva che sarebbe potuto succedere ma...
    si era avvolta nel bozzolo del suo incarico cercando sempre meno di pensarci.
    Ed una chiamata a livello così alto... questo decisamente non se lo aspettava.
    Ne era lusingata ma soprattutto spaventata.
    Il suo incarico già... era pronta a rinunciarci per un qualche tempo? Eh qualche tempo... dopo niente sarebbe stato come prima.
    Poteva anche riprendere, anzi voleva sicuramente farlo... ma tutto sarebbe cambiato.
    Il fatto che la pietra avesse *quelle* scanalature indicava che era stata scelta, che non sarebbe stata come le altre.
    Se l'aspettava? In fondo in cuor suo si era sempre sentita una prescelta... ma non aveva mai preso in considerazione che il resto dell'universo la pensasse come lei.
    Un AFSANA : colui che racconta la storia del mondo. Colui che FA la storia del NOSTRO mondo.
    Un NARRATORE. Avrebbe accolto in grembo un Narratore.
    Colui Che Dà Forma aveva deciso che il frutto dei suoi lombi (maschio o femmina che fosse) avrebbe guidato i suoi contemporanei, dando un senso e un significato agli avvenimenti e forgiando la scala di valori che avrebbe guidato la società intera per tutto il periodo della sua vita.

    Mentre Giada era attraversata e scossa da tutti questi pensieri la Sibilla era rimasta immobile davanti al suo scranno senza proferire parola.
    Forse provava un pò di tenerezza e di empatia per quella donna la cui vita era appena stata rivoluzionata e, forse, stravolta.
    Sicuramente non lo dava a vedere nella sua severa immobilità immersa di silenzio.
    Molti erano i rituali da preparare.
    Diverse prove attendevano Giada.
    Ma la Sibilla già ne conosceva l'esito, chiaramente, e...

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  10. Giada, il magistrato, fu risucchiata in un vortice di pensieri.
    Pensava e pensava con una tale velocità ed intensità a quello che si stava realizzando che la testa le girava come una trottola.
    Finalmente!
    Lo aveva sempre saputo che sarebbe accaduto...
    Sotto sotto lo aveva sentito con certezza dentro di sé per tutto il tempo che era trascorso da quando aveva avuto l'uso della ragione. Lo aveva sentito con chiarezza, anche intenta com’era ad attendere al suo già importante lavoro.
    Ora avrebbe lasciato il suo incarico per occuparsi del suo destino…
    Oh, no! Aveva lavorato tanto per giungere al punto in cui era giunta… non poteva abbandonare ogni cosa proprio ora!
    Scostò meccanicamente la frangetta arruffata dagli occhi, mentre un nuovo pensiero andava prendendo forma nella sua mente, un pensiero agghiacciante ed esaltante a un tempo.
    Un tuffo al cuore le gelò il sangue nelle vene.
    Ma era realtà?
    Un afsana.
    Sì, avrebbe generato un afsana, un narratore, colui che racconta la storia del mondo, colui che fa la storia del mondo!
    Si sentiva sconvolta...
    Come sarebbe successo?
    Cosa avrebbe dovuto fare lei?
    Sarebbe riuscita ad affrontare le prove che sicuramente le sarebbero capitate?
    Sentiva la testa piena di domande che si accavallano le une alle altre, ma anche una gran voglia di fare, di provare, di andare avanti.
    Sì, perché perdere tempo?
    Rialzò la testa, mise a fuoco lo sguardo e, con decisione, fissò i suoi occhi in quelli della Sibilla.
    Occhi?



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  11. Gli occhi ciechi della Sibilla riflettevano le scarse luci che fiocamente rischiaravano l'antro.
    Occhi lattei di luna che fissavano Giada.
    Con fare grave e ieratico la sacerdotessa alzò un braccio per indicare alla donna un'apertura alla sua sinistra...un'apertura che fino a quel momento Giada non aveva notato, il cui accesso si perdeva nel buio.
    Cercando di non sembrare troppo titubante (quanto forza di volontà per il primo passo!), il magistrato si avviò nella direzione indicata.
    Il corridoio portava ad una sala molto grande occupata in gran parte da una grossa vasca naturale piena di acqua fumante.
    Al centro della vasca un cerchio di luce metteva in risalto le volute di vapore che salivano dall'acqua.
    Sicuramente un'apertura nella volta della grotta ma... ancora una volta... da dove veniva la luce?
    Ancelle sibilline spuntarono alle sue spalle e si avvicinarono per aiutarla a spogliarsi.
    Il corpo di Giada era più che pulito e profumato, era molto accurata nella pulizia personale e non aveva certamente bisogno di abluzioni.
    Ma, quello a cui veniva tacitamente invitata, solo ad un occhio molto superficiale poteva apparire come un bagno.
    Era un rituale di purificazione per nettare la mente più che il corpo.
    E Giada, che aveva rapidamente compreso, le lasciò fare.
    Per un attimo, lei sempre così sicura apparentemente, si vergognò del suo fisico.
    Negli anni c'era stato chi ne aveva decantato la perfezione, anche in versi, ma si sa... l'individuo intelligente è il peggior critico di sé stesso.
    Sperava che quelle acque benedette aiutassero a raffreddare e incanalare il fiume di lava dei suoi pensieri, la sua testa non poteva essere descritta che così: un vulcano in eruzione.
    Esternamente sembrava impassibile (ma dentro... dentro mille dubbi rimbalzavano vorticosamente, urtando e travolgendo tutti i suoi organi interni, fisici e metaforici)
    Scese lentamente nell'acqua lasciandosi coprire dal liquido la cui temperatura non sapeva esattamente definire, anche perchè sentiva contemporaneamente freddo e caldo.
    Si diresse verso il cerchio di luce centrale istintivamente, le sembrava quasi che la chiamasse con una nenia suadente.
    Delle lievi scariche elettriche sembravano percorrere la superficie della polla, elettricità statica?
    Giunta al centro si abbandonò, occhi chiusi e gambe e braccia distese, alla carezza del liquido lasciandosi galleggiare nell'acqua immobile.
    Immobile? Si rese conto dopo un pò che il suo corpo ruotava lentamente all'interno del cerchio.
    Lo faceva in modo regolare e costante senza che lei facesse il minimo movimento, neanche quelli normalmente necessari per mantenersi a galla.
    Ruotava in senso orario mentre tutto il resto della vasca era completamente immobile, non esistevano correnti che potessero spiegare la cosa.
    E stava acquistando velocità.
    Con la coda dell'occhio vide sul bordo le ancelle che, liberatisi delle tuniche, si muovevano senza fare rumore se non un suono costante che emettevano dalle bocche chiuse.
    Un suono mono tono e monocorde basso e sordo che sembrava pulsare in armonia con il sangue che sentiva battere nelle tempie.
    I movimenti ripetuti dalle fanciulle erano eleganti e lenti, parte di un rituale antico, criptici eppure se ne avvertiva il senso.
    Pian piano ruotando si sentiva sollevare sopra il pelo dell'acqua!
    Ma non era spaventata, la mente era solo freneticamente analitica... le sembrava di notare tutto quello che accadeva a lei e intorno a lei, nei minimi particolari.

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  12. Intorno alla vasca in cui Giada stava vivendo intensamente il cerchio di luce, l’atmosfera era sempre più irreale, mistica...
    Le ancelle continuavano la loro lenta armonica danza, una danza che le prendeva completamente, sempre uguale e pur sempre diversa.
    L’estrema lentezza, la ritmicità in fondo semplice, la ripetitività, la nenia cadenzata a bocca chiusa… riportavano agli inizi del tempo, conducevano all’Assoluto.
    In alto sempre più in alto... Giada, il magistrato, continuava a girare e a girare senza fine, a salire e a salire verso l’alto nel cono di luce, un cono di luce che però non si restringeva, ma al contrario si estendeva sempre più.
    Il fiume di lava dei suoi pensieri si era completamente arrestato.
    Ora i suoi pensieri erano fresche gocce cristalline, gocce limpidissime che affluivano in un limpidissimo ruscello.
    In quel preciso momento non c’erano più confini di spazio e di tempo.
    Non c’era più movimento né stasi, non c’era più suono né silenzio.
    Una frazione di secondo ancora e la donna raggiunse la Conoscenza Assoluta.
    Le ancelle sibilline si fermarono di colpo come ad un segnale convenuto.
    Accanto a loro, la Sibilla dagli occhi ciechi, dagli inquietanti occhi lattei di luna, si era appena assisa su un importante scranno di roccia fino a quel momento rimasto nell’ombra.

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  13. Giada si sentì pervadere dal piacere di un'estasi mistica senza fine.
    La cosa strana è che, pur non sentendo più di avere un corpo, era perfettamente cosciente di ogni singolo poro della sua pelle, di ogni organo, di ogni unghia, capello, pelo o stilla di sangue.
    E non solo dei suoi ma quelli... di ogni essere vivente.
    Le ancelle emettevano ora un'alternanza di 4 note sorde e monotone...4 note come la manifestazione dell'essere umano : corpo, mente, spirito ed emozione... 4 note come i 4 elementi della materia : fuoco, aria, terra, acqua.
    La Sibilla continuava a "guardare" nella sua direzione, verso quella luce che era diventata talmente forte da essere impossibile fissarla direttamente, e sembrava sapere stesse succedendo dentro di lei... per quanto il concetto di "dentro" fosse ormai ridicolo.
    Giada si sentiva un'entità composta di luce e amore e pazienza e conoscenza e piacere e ....
    La Sibilla alzo di scatto una mano protendendola di fronte a sé con il palmo aperto verso Giada.
    Pronunciò una sola parola in maniera secca : Yoin !!
    Tutto si fermò e tacque.
    Il corpo di Giada cominciò a planare lentamente verso l'acqua mentre la luce scemava gradatamente d'intensità.
    La donna con un rimpianto quasi infinito sentiva la Conoscenza Assoluta che scivolava via, ma sapeva che la sua misera mente umana non avrebbe potuta sopportarla che per quei pochi attimi che era durato, pena la follia o il perdersi nello spazio infinito della sua interiorità.
    Sembrò poi, per un istante, che la luce fosse emessa dal suo corpo e andasse rimpicciolendosi, concentrandosi in un minuscolo "cristallo" all'interno del suo corpo traslucente... andando a depositarsi (nella sua anima? Nel suo grembo?).
    Pensava che probabilmente non avrebbe avuto accesso a quel frammento di Eternità, esso era lì per l'anima che sarebbe cresciuta dentro di lei.
    Sapeva di non essere ancora incinta ma si sentiva pronta ad accogliere quella che sarebbe stata la luce dei suoi occhi fino alla fine dei suoi giorni.
    L'esperienza appena vissuta l'aveva cambiata, facendola crescere interiormente e spiritualmente, ora si sentiva pronta e quasi smaniosa di procedere sul cammino che era stato scelto per lei.
    Si tirò su dall'acqua e vide la Sibilla che sorrideva misteriosa e ironica:
    "Calma figlia mia, calma.
    Il cammino è ancora lungo e tu, per ora, ti sei mostrata solo degna di intraprenderlo. Nulla di più."
    Giada chinò la testa in umile segno di rispetto e lasciò che le ancelle la rivestissero con una candida tunica.
    Sentiva tutto intorno al lei, al di fuori di quella grotta, il creato che cantava in armonia con il ritmo che udiva dentro di lei, il ritmo della vita.
    "Cercheremo di starti vicino ed assisterti il più possibile, ma ci saranno cose che tu e solo tu dovrai e potrai affrontare.
    Il tuo corpo verrà violato, manipolato, umiliato e glorificato in tutti i modi.
    Sarai bellissima e sofferentissima, fortissima e d'argilla.
    Molte saranno le prove e fondamentale la segretezza, non tutti prenderanno bene l'arrivo di un nuovo Afsana"
    Giada rialzò la testa aprì gli occhi e disse solo "Guidami, sopporterò tutto il necessario"
    La Sibilla la fissò.. compiaciuta?

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  14. Mentre pronunciava quelle parole con trasporto e convinzione, Giada cercava di ritrovare un po’ di quell’autocontrollo che ne aveva fatto l’importante magistrato che era.
    Avvertiva chiaramente di aver riscosso il plauso della Sibilla, anche se non avrebbe saputo dire da cosa lo avesse compreso.
    Si sentiva davvero bene nelle nuove vesti in cui le ancelle l’avevano avvolta, mentre realizzava pienamente che non sarebbe stata mai più la stessa.
    Quel cristallo dentro di lei occupava tutto il suo essere, tutti i suoi pensieri, tutte le sensazioni profonde e i sentimenti, tutte le sue reazioni, finanche ogni suo più semplice respiro.
    Come fosse una cosa che avesse sempre saputo, s’inchinò con rispetto e convinzione davanti alla Sibilla che si era nuovamente assisa sul trono nella roccia e, senza attendere oltre, si avviò verso il futuro.
    Scortata dalle ancelle, ripercorse a ritroso il complesso cammino che l’aveva condotta fin lì.
    Questa volta non aveva timore alcuno dentro di sé.
    L’accompagnava una certa euforia, la sensazione di sapere cosa fare, l’idea di un obiettivo da raggiungere.
    In breve si ritrovò fuori dall’antro della Sibilla.
    Se ne accorse di colpo, quando si avvide che le ancelle più non erano intorno a lei a scortarla.
    Ora era completamente sola.
    La carrozza era lì dove l’aveva lasciata, la portiera che non aveva perso tempo a richiudere ancora spalancata.
    Si affrettò a saltare dentro per riprendere il cammino in tutta fretta.
    Sentiva dentro di sé un’inspiegabile urgenza di azione, una fretta a cui non sapeva resistere.
    Ben piegati sul sedile, ritrovò i suoi abiti.
    Capì che avrebbe dovuto indossarli immediatamente.
    Iniziò solerte ad ubbidire a quell’imperativo categorico e, non si era ancora rivestita del tutto, quando un‘ancella si materializzò accanto alla carrozza per recuperare gli abiti cerimoniali e scomparire di nuovo in tutta fretta.
    Senza por tempo in mezzo, Giada riprese con decisione la via del ritorno.
    Scricchiolii, ululati, gracidare di rospi, graffiare d’artigli, guaiti… e banchi di nebbia, acquitrini, paludi, scrosci d’acqua… la foresta si esprimeva come al solito terrificando chiunque osasse violarla.
    Questa volta Giada neppure se ne avvedeva.
    Lei, che aveva raggiunto per un istante la Conoscenza Assoluta, lei che avrebbe dato vita ad un Afsana, ad un Narratore che fa la storia del Mondo, non poteva più badare a quei dettagli senza importanza, perché ben più difficili sarebbero state le prove che avrebbe dovuto superare per giungere il momento di metterlo al mondo.

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  15. Così, come in un sogno, Giada riattraversò tutta la foresta urlante e spaventosa.
    Alla luce del sole, fuori da quel grande frastuono, il magistrato si trovò a realizzare che il suo stomaco brontolava e che un deciso languorino la riportava prepotentemamente al desiderio di mangiare qualcosina.
    Quante ore erano che non faceva un vero pasto? Non avrebbe saputo dirlo, ma doveva essere trascorso un lungo tempo.
    Senza ulteriori indugi, fermò la carrozza.
    Non se ne era neppure accorta prima, ma si trovava nuovamente davanti al piccolissimo ristorante, quasi una trattoria, in cui aveva sostato all'inizio del suo importante viaggio.
    Notò che appariva sempre fresco e pulito.
    Le sue tendine bianche alle finestre erano candide, quasi abbagliavano dopo la fitta ocurità della foresta.
    Ne varcò la soglia con decisione.
    Pochi passi e si ritrovò seduta allo stesso tavolo in cui aveva cercato di assumere qualcosa, prima che la sua carrozza imboccasse la strada impervia, nella corsa folle che l'avrebbe condotta all'antro della Sibilla.
    Mentre accostava la sedia al tavolo, udì una voce nota provenire dal fondo della piccola sala.
    "Crostini con polenta e finferli, formaggio...".
    Il magistrato si voltò di scatto e si trovò ad incrociare gli occhi del cameriere che la fissava attonito.
    Fece un piccolo gesto di richiamo.
    Dopo due secondi il malcapitato era lì davanti a lei.
    Era chiaramente a disagio, con il blocchetto e la penna che si agitavano disordinatamente nelle sue mani.
    "Cosa posso servirle?" mormorò l'uomo con voce incerta.
    "E me lo chiedeee?" l'apostrofò la donna con aria severa.
    "Non ricorda? Ha trovato le uova di basilisco? Sono pronta a gustare una bella frittatina come d'accordo!".

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  16. Il cameriere sussultò.
    Poi, come preso da un pensiero molesto che avrebbe voluto evitare, fissò ancora la donna e il suo sguardo si fece gradualmente più duro.
    Sì, uova di basilisco!
    Come avrebbe potuto portarne in quel ristorantino e farne fare una frittatina per quella signora autoritaria come niente fosse?
    Lei sapeva benissimo che era impossibile trovarne facilmente.
    Dunque, perché insisteva in quel modo?
    Non capiva quale fosse il suo gioco.
    Quella donna, era evidente, era al corrente di importantissimi segreti.
    Brillava tutta di una strana e contenuta luce che lui, però, era in grado di comprendere pienamente.
    “Ho cercato a lungo e ovunque le uova di basilisco per la sua frittatina speciale… perché sapevo bene che sarebbe tornata a gustarla.” cominciò a spiegare il cameriere a voce bassa e molto molto seria.
    “Ho anche tentato di interessare chi sarebbe stato in grado di procurarmene… Ma perché sfidare la sorte per rispondere a questo suo desiderio, quando lei è andata direttamente nel luogo in cui il basilisco ne ha deposte una certa quantità? Non avrei mai immaginato che lei sarebbe ritornata di qua senza averne fatto incetta!”.
    Mentre il cameriere parlava, Giada sgranava sempre più gli occhi.
    Era sorpresa. Era molto sorpresa.
    Era soprattutto meravigliata di non essersi accorta di niente.
    Anzi, era davvero sconcertata di non aver compreso la situazione prima di porre nuovamente la sua richiesta per gustare una frittatina di uova di basilisco.
    Per lei era stato quello un pretesto per giocare con l’uomo come il gatto con il topo, finire quello che aveva cominciato prima di intraprendere l’importantissimo viaggio per raggiungere l’antro della Sibilla.
    Estenuata, stanca e affamata, ancora molto emozionata, si era un po’ distratta.
    Non aveva ben riflettuto. Purtroppo non aveva riflettuto affatto. E questo non era un bene.
    Ora non poteva permettersi di distrarsi.
    Il destino che l’attendeva imponeva certe regole, regole cui non poteva sfuggire.
    Intanto il cameriere si era ulteriormente avvicinato.
    A voce sempre più bassa, bassissima, le sussurrò nell’orecchio: “Non si è accorta di nulla prima di uscire dalla foresta? C’è sempre un basilisco che controlla chi entra e chi esce… Strano che le sia sfuggito!”.

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  17. Giada cercò di calmarsi.
    L'impeto iniziale era di urlare per chiamare il suo cocchiere e far decapitare il cameriere sul posto.
    Un pò irregolare, ma avrebbe potuto dire che stava minacciando un magistrato.
    Non avrebbe avuto reali problemi.
    Doveva pensare più con calma e lucidamente anche, e soprattutto, considerando la missione di cui era stata investita.
    Il cameriere doveva essere pazzo.
    Un povero folle tenuto lì, ai margini della foresta, per la benevolenza del padrone della locanda?
    Era forse sotto incantesimo o controllo mentale??
    Qualcuno cercava di ostacolarla attraverso quel povero stolto villico?
    Tutti, persino i bambini, sapevano che il Basilisco vive nei deserti.
    Deserti creati dal suo stesso sguardo che tutto incenerisce.
    Un basilisco ai margini della foresta? E a fare cosa? Una passeggiata?
    No, qui c'era qualcosa sotto che non riusciva a capire.
    Voleva comprendere, ma sapeva di non poter mettere in pericolo la sua vita e la sua missione.
    La cosa più intelligente sarebbe stata andare immediatamente via.
    Partire alla ricerca del padre di suo figlio, concentrarsi sul concempimento che doveva portare a termine.
    Che fosse un povero pazzo o uno strumento. inconsapevole o meno, di qualcuno... sarebbe stato furbo stargli lontano.
    E se invece fosse stata una prova? Qualcosa architettato dalla Sibilla stessa per veder se era pronta?
    Chi conosceva il giovane magistrato sapeva che era capace di scalare mari e monti pur di tenere il punto.
    Figuriamoci svelare un mistero che sembrava coinvolgerla.
    Forse la prova era proprio quella..cercare di rimanere calma ed evitare di reagire in maniera decisa come al suo solito.
    Si alzò avviandosi lentamente verso la porta.
    Doveva sforzarsi come non mai.
    Non aveva mai rifuggito una sfida.
    Non aveva mai lasciato l'ultima parola a qualcun altro.
    Ma ora aveva ben altre priorità.
    Doveva rientrare nel suo palazzo e riflettere.Mettere insieme un piano d'azione.
    Cercava di non voltarsi.
    Se si fosse voltata e l'avesse visto sorridere trionfante... o anche solo accennare un sorriso... non sarebbe riuscita a trattenersi dal reagire.
    Ma sarebbe tornata, si ripromise.
    Si concesse almeno questo.
    Il pensiero che sarebbe tornata e avrebbe messo al suo posto lui e chiunque c'era dietro di lui.

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  18. Così, senza dare segni evidenti di ricezione, la donna si era avviata verso la porta.
    Mentre usciva all’aperto e raggiungeva la carrozza, ebbe quasi la certezza che la sua mossa fosse stata sbagliata.
    In fondo non era stata all’altezza della situazione.
    Sentiva ancora nell’orecchio il sussurro imperioso del cameriere.
    Si era espresso con insolita certezza di quanto le andava dicendo.
    Ripensandoci, il cameriere aveva dimostrato di sapere troppe cose, anche quelle che lei non aveva detto.
    Lei aveva solo comunicato di essere un magistrato.
    Mai aveva parlato di foresta, di al di qua e di al di là.
    A parte questo, in fondo lei non aveva deciso di controbattere e questo era stato un chiaro segno di debolezza, soprattutto se qualcuno avesse voluto metterla alla prova.
    Il suo pensiero correva veloce, velocissimo, per esaminare tutti gli aspetti che si stavano delineando intorno a lei.
    Prima ancora che avesse raggiunto l’interno della carrozza, ancora una riflessione la fece sobbalzare.
    Lei aveva voluto giocare con il cameriere ordinando una frittatina di uova di basilisco.
    Si aspettava di vederlo strisciare contrito o sbavare impacciato per trovare una giustificazione alla carenza di quell’ingrediente nella cucina del piccolo ristorante.
    Invece l’uomo non si era affatto scomposto, al contrario l’aveva quasi redarguita per la sua richiesta.
    Anzi, aveva aggiunto delle informazioni sul mondo al di là, dove ci sarebbero state delle uova di basilisco.
    Anche i non adepti sapevano che il basilisco, il re dei serpenti, era la creatura più mortale in assoluto.
    Sapevano di sicuro che un basilisco era velenosissimo e piccolissimo, poco più poco meno di venti centimetri, un esserino che pietrificava, bruciava e desertificava tutto ciò con cui veniva a contatto.
    Sapevano, per giunta, che non era affatto chiaro come si riproducesse.
    Per quello che si conosceva, sarebbe nato da un uovo sferico deposto di tanto in tanto da un gallo anziano, forse ogni sette anni, covato poi da un serpente o da un rospo anche per nove anni!
    Allora il cameriere avrebbe dovuto aver chiaro che non era possibile trovare molte uova di basilisco, figuriamoci se se ne poteva fare una frittata!
    Tuttavia, la foresta posta a protezione dell’antro della Sibilla era qualcosa di molto complesso e non molto comprensibile.
    Chissà che non ci potesse essere qualcosa di vero in quello che quell’uomo aveva affermato?!
    Questo voleva forse dire che il cameriere non era un semplice cameriere?
    Nel frattempo, l’uomo aveva ripiegato il tovagliolo sul braccio e si era avvicinato alla porta.
    Notò che il magistrato camminava velocissimo verso la sua carrozza.
    La donna appariva rigida e nervosa.
    Notò anche che brillava di una luce molto più fioca di quando era arrivata.
    L’uomo chiuse l’uscio con cura e tornò come niente fosse a servire gli altri clienti.

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  19. Giada raggiunse casa sua.
    Si sentiva davvero strana.
    Troppe erano state le cose accadute in quel breve lasso di tempo.
    Le parole della Madre Sibilla l’avevano riempita di gioia e di paura insieme.
    Sì, avrebbe dato alla luce un afsana, colui che racconta il mondo, che fa il mondo!
    Una cosa magnifica, ma anche una grandissima responsabilità. Sarebbe riuscita a superare tutte le difficoltà che si sarebbero presentate?
    Ripensò ai riti cui era stata sottoposta nell’antro della Sibilla e alle sue parole pesanti come piombo e bollenti come il fuoco.
    Un fremito la scosse da capo a piedi.
    Rimase lì, tremante, per un tempo indefinito,
    Poi cominciò ad avvertire qualcosa dentro di sé, una certezza che si cristallizzava in un punto imprecisato dello stomaco, qualcosa che brillava di luce propria e che lei riusciva a visualizzare perfettamente.
    Rialzò la testa, guardò lontano e una calma mai provata la pervase come una carezza.
    Fuori dalla grande finestra, che ammiccava davanti alla scrivania alla quale si era seduta, il sole brillava alto nel cielo, nell’aria rigida e tersa di un mattino d’inverno.
    Mentre alzava lo sguardo verso quella bellissima luce, un pettirosso atterrò con destrezza sul davanzale.
    Immobile ed eretto sulle minuscole zampine, la fissava come a volerle comunicare qualcosa.
    Proprio in quel momento qualcuno suonò perentoriamente il campanello.

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  20. Non riusciva a credere ai propri occhi.
    Li chiuse e li riaprì un paio di volte strizzandoli.
    Niente, era ancora lì.
    Incredula, ma pervasa da una strana gelida calma, rimase a fissare l'individuo davanti a lei.
    Era il cameriere della locanda!
    Ora aveva la certezza che quello non era un cameriere.
    Era davanti a lei senza traccia della deferenza che le aveva mostrato nelle precedenti occasioni.
    Le era sempre sembrato strano qell'uomo.
    A momenti era sudato, impacciato e servile, in altri momenti era arrogante e subdolo.
    Chi era costui?
    Senza presentarsi il "cameriere" disse deciso:
    "Io sarò il consorte padre"
    Mentre Giada decodificava quella frase cercando di assorbirne l'assurdo significato, ancor più ridicolo se
    messo in relazione il presuntuoso villico che le stava pronunciando, l'uomo aggiunse.
    "Una volta nato il bambino sarà affidato a noi e tu non avrai niente di cui preoccuparti"
    Giada sentì i peli sulla nuca rizzarsi...
    Ancora non sapeva chi o che cosa era quell'uomo ma ora era chiaro che aveva intenzioni malefiche.
    Non sapeva chi fosse quel "noi" ma non intendeva scoprirlo ora.
    Stava freneticamente decidendo in che modo reagire quando alle spalle, l'uccellino che aveva visto prima spiccò il
    volo dal davanzale e si andò a posare sulla sua spalla.
    Inaspettatamente il cameriere appena lo vide si ritrasse spaventato.
    Pronunciò qualcosa di incomprensibile tra i denti, fece un gesto scaramantico, sputò per terra e si girò per fuggire.
    Non prima per di aver sibilato "Pulsa Strix, nel nome dell'antica stirpe...ci rivedremo presto!"
    Giada era ancora frastornata e non ebbe la prontezza di chiamare i suoi servi per tentar di acciuffare quell'uomo.
    Troppe cose da capire, troppe informazioni da assorbire, ma soprattutto troppe cose che non sapeva.
    Si era sempre vantata, anche con se stessa, di saper manipolare le persone, a fin di bene chiaro,
    per raggiungere gli scopi previsti.
    Ma ora si sentiva lei manipolata e questo la faceva infuriare... e ancor di più la irritava non sapere chi c'era dietro.
    L'uccellino ce l'aveva aiutata rimaneva tranquillo appollaiato sulla sua spalla.
    Cos'era e perchè lo pseudo cameriere era fuggito vedendolo?
    Chi lo aveva mandato? E chi era il "noi" a cui faceva riferimento il cameriere?
    ComeSapevanoDelSuoIncontroConLaSibilla?EIlFattoCheEraStataPresceltaComeMadreComeSiEraGIA'VenutoASapere?EraPassatoSoloPochissimoTempoDallaSuaVisitaAll'antro.ESoprattuttoSeIlCameriereEraLìPerLeiSiTrovavaNellaLocanda
    PRIMACheLeiSiRecasseDallaSIbilla!

    I pensieri si affastellavano alla velocità della luce
    Aveva la tentazione di montare subito sulla carrozza e tornare dalla Sibilla.
    Ma non sapeva se le avrebbe risposto.

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  21. Meccanicamente girò intorno all’importante scrivania e sedette sul divano rigida come un fuso.
    Era così tesa che non appoggiò neppure le spalle.
    L’uccellino se ne stava tranquillo sulla sua spalla ed era talmente leggero che lei non ne avvertiva più nemmeno la lieve pressione.
    Il suo cervello intanto lavorava alacremente.
    Passata la rabbia, ora cominciava a vedere qualche spiraglio in quella nebulosa in cui si era trovata.
    Adesso le era chiarissimo che il Bene e il Male stavano lottando attraverso di lei.
    Certamente il “cameriere” non poteva che essere il Male.
    Lo dicevano la sua espressione maligna e soprattutto le parole terribili che aveva pronunciato con un digrigno che avrebbe fatto gelare qualsiasi forma di vita.
    Senza parlare del loro significato!
    Le avrebbe voluto togliere addirittura suo figlio, l’afsana che racconta il mondo, che fa il mondo….
    Pensavano di poterlo manipolare, di trasformarlo in un’entità che avrebbe riempito il mondo di malvagità e orrore, di rinforzare così tutte le forze del male che non riuscivano in quel momento a prevalere e a svilupparsi.
    Sì, ora cominciava a vederci più chiaro…
    Quel delizioso uccellino, quel piccolissimo fiero pettirosso, non poteva che essere il Bene!
    L’aveva aiutata in quell’orrendo momento di vera difficoltà.
    Oh, non poteva nemmeno immaginare che quello spregevole individuo potesse diventare il consorte padre!
    Aveva assorbito l’energia enorme e positiva della Sibilla. I riti nella sua grotta l’avevano esaltata.
    Come avrebbe potuto tollerare la bruttezza e la cattiveria di quel “cameriere”?
    Non ne sopportava neppure la vicinanza, anzi nemmeno la vista!
    Forse era proprio per questa ragione che lo aveva subito aggredito con quella richiesta di una frittatina di uova di basilisco!
    Inconsciamente aveva riconosciuto subito il lezzo del male.
    Tirò un sospiro di sollievo. Aveva vinto il primo round.
    Si appoggiò allo schienale del divano e si mise più comoda.
    Il pettirosso si levò in volo e rimase in equilibrio nell’aria davanti ai suoi occhi.
    Muoveva velocemente le ali come fosse un colibrì e la fissava intensamente.
    Un attimo… poi si diresse verso la finestra e sparì nell’aria rigida e tersa di quel mattino d’inverno.

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  22. Da quel momento i giorni cominciarono a scorrere con una certa rapidità.
    Ben presto i giorni divennero mesi.
    Gli avvenimenti si susseguivano affannosamente e le difficoltà che il magistrato si trovava ad affrontare erano davvero moltissime.
    Il Male si ripresentata quasi con una certa ciclicità e niente sembrava riuscisse a farlo desistere per un tempo duraturo.
    Quello che la sconvolgeva di più era il fatto che, ogni volta, cambiasse le sue sembianze in modo così eclatante che quasi sempre non era affatto facile riconoscerlo subito.
    Poteva apparire nelle vesti di una innocua bambina, di un grazioso cagnolino dai denti affilati e con una forza inimmaginabile, di un frutto che non riusciva a mordere e che si trasformava in un ectoplasma che voleva possederla.
    Fu veramente terribile la volta in cui entrò, spirito malefico, dentro il suo cuore e dentro il suo cervello cercando di soggiogarla.
    Per fortuna aveva scoperto che il Bene cercava di neutralizzare le sue crudeli azioni.
    Anche il Bene aveva aspetti multiformi, ma quando lei si trovava in difficoltà, le bastava concentrarsi e visualizzare il piccolo grazioso pettirosso che l’aveva salvata dal malefico cameriere, perché immediatamente qualcosa accadesse a trarla d’impaccio.
    In questa situazione in cui galleggiava, Giada spendeva moltissime energie.
    Era continuamente in allerta.
    Non si fidava più di niente e di nessuno e mangiava sempre meno.
    Ormai era pelle e ossa.
    Oh, quanto avrebbe voluto interrogare la Sibilla!
    Mille quesiti le venivano continuamente alla mente. Ad essi non sapeva dare risposta.
    Il suo aiuto sarebbe stato davvero prezioso.
    Tuttavia sapeva che non poteva tornare a visitarla nel suo antro.
    Sarebbe stato un segno di debolezza e lei, la madre prescelta per un Afsana, non poteva certo permetterselo.
    Al contrario doveva mostrarsi forte, dimostrare che aveva la stoffa per il privilegio che aveva ricevuto.
    Un giorno in cui era più a disagio del solito, durante le sue mille elucubrazioni, si avvide di quanto fosse diventata magra.
    Come avrebbe fatto ad accogliere la nuova vita che prima o poi sarebbe stata chiamata a dare alla luce?
    Doveva assolutamente ritrovare dell’energia… acquisire un po’di forza…
    Doveva sforzarsi di mangiare di più, anche se non ne aveva affatto voglia.
    Forse uscire un po’ da casa e dal suo studio l’avrebbe potuta aiutare.
    Detto fatto, indossò un mantello, utilissimo a nascondere la sua magrezza ma anche la sua identità, e uscì da casa per la prima volta dopo molto tempo.
    Girellò per un po’ senza meta. Non era più abituata all’aria aperta.
    Ora si sentiva completamente vuota, incapace di ulteriori pensieri.
    Non capiva più niente, ma questo non la preoccupava affatto, anzi era una bellissima sensazione.


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  23. Senza sapere come e perché, ben presto si ritrovò sulla strada che avrebbe potuto condurla all’antro della Sibilla.
    In realtà riprese coscienza di sé, quando realizzò di essere nei pressi del piccolo ristorante dalle tendine bianche candide in cui aveva vissuto i suoi incontri con lo strano cameriere.
    Poiché dopo aver molto camminato cominciava finalmente a sentire un certo languorino, decise di entrare e di vedere cosa avrebbe potuto mangiare.
    Sedette ad un piccolo tavolo, un po’ defilato.
    Era vicino ad una finestra e da lì si scorgeva il piccolo viottolo che conduceva nel bosco e poi nella foresta in cui viveva la Madre Sibilla.
    Prima di perdersi del tutto nei suoi pensieri più profondi, la sua attenzione fu attratta dall’avvicinarsi di una graziosissima cameriera.
    La ragazza indossava il classico grembiulino a quadretti bianchi e rossi della trattoria di campagna e brillava di buona volontà.
    “Crostini con polenta e finferli, formaggio, salame di cervo, salsicce di cinghiale… una frittatina di uova di quaglia… Cosa posso servirle? “.
    Giada questa volta non aveva certo voglia di fare la difficile, così rispose senza indugi: “ Una bella frittata di uova di quaglia e del formaggio, meglio se un pecorino.”.
    La cameriera fece un cortese cenno di assenso e partì come una scheggia verso la cucina.
    La donna, seduta al tavolo defilato, tornò a guardare fuori dalla finestra.
    La fame le procurava dei crampi fastidiosi allo stomaco.
    Era davvero troppo tempo che non faceva un pasto completo e adeguato.
    Le uova di quaglia le avrebbero dato sicuramente un po’ di energia. Ne aveva davvero bisogno!
    Ne pregustava già il sapore e aveva ormai l’acquolina in bocca, quando fu attratta da un bagliore intermittente che proveniva da laggiù sul sentiero.
    Dimenticò completamente il suo pranzo.
    Sapeva che era un richiamo per lei.
    Una vampata di rossore le salì al viso, gli occhi ancora una volta sbarrati.
    Era il Bene o era il Male che la chiamava?
    Questo lei non riusciva a comprenderlo, ma quello che era certo era che lei ne era attratta in modo ineluttabile.
    Senza potersi trattenere oltre, si alzò di scatto e si precipitò fuori verso quell'insistente bagliore.
    La cameriera, con il piatto fumante di frittata in mano, riuscì appena in tempo a fare un passo indietro e a non essere investita dal magistrato.
    Giada non si accorse di nulla nella sua folle corsa.
    La cameriera restò un lungo attimo interdetta, poi riportò il piatto in cucina e sparecchiò il tavolo sospirando.

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  24. Ancora una volta il magistrato aveva sentito salire dentro di sé un’ansia inimmaginabile che sembrava volerla soffocare.
    Prima di soccombere del tutto, ancora una volta corse con il pensiero a quel pettirosso con cui conviveva negli ultimi tempi.
    E ancora una volta la cosa funzionò.
    Immediatamente fu come se il grazioso uccellino fosse presente realmente lì, tra i ramoscelli secchi caduti da tempo.
    Nel percepirlo così vivo, un grande senso di pace la pervase e seppe con chiarezza che il richiamo era opera del Bene,
    La invitava ad inoltrarsi nel bosco, dove qualcosa di meraviglioso certamente l’attendeva.
    Dimentica della fame che l’attanagliava, insensibile a tutto ciò che aveva intorno, senza por tempo in mezzo, si lanciò dietro al bagliore che continuava a chiamarla.
    Giada aveva imboccato il sentiero nel bosco senza paura ed era ormai lontana sulla strada che già una volta aveva percorso tra mille insidie e mille pericoli.
    Questa volta seguiva fiduciosa quello strano luccichio amico che sembrava sapere bene dove andare.
    Senza volere aveva il viso atteggiato al sorriso.
    Sentiva un tepore piacevole e una luce rarefatta l'avvolgeva come in uno stato di grazia.
    Non più ululati, gufi e pipistrelli, scricchiolii e tonfi improvvisi nella pioggia e nel vento.
    Non più radici contorte e tronchi spettrali sotto il chiarore intermittente di lampi spaventosi.
    Tutto concorreva a creare un'atmosfera deliziosa.
    Così, quasi eterea, continuò a seguire quel barbaglio amico ancora a lungo.
    Non aveva fretta di arrivare.
    Anzi avrebbe voluto che quel momento non finisse mai più.
    Lontana dagli affanni del magistrato, dallo spazio angusto del suo studio, sperimentava una libertà profonda, totale, come mai avrebbe potuto neppure immaginare.

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  25. Infatti, già mentre si inoltrava nel bosco, Giada aveva avvertito che dentro di sé qualcosa stava cambiando.
    Il senso di fame e di ansia erano immediatamente spariti e un grande benessere si era insinuato piacevolmente in ogni più piccola parte del suo corpo.
    La grande stanchezza se ne era andata. Anzi, era come se non avvertisse più nemmeno il suo peso.
    Quella leggerezza la inebriava.
    Si sentiva quasi come parte intrinseca del bosco.
    Così, beata, aveva respirato a pieni polmoni quell’atmosfera mai sperimentata prima di allora.
    Quando poi era entrata nella foresta vera e propria, non era quasi riuscita a credere ai suoi occhi.
    Niente ricordava ciò che aveva visto e sperimentato la volta precedente.
    Non pioggia, grandine, fulmini e saette.
    Non ululati, urla sinistre e strisciare di serpenti.
    Non voli di gufi, squittii di topi grandi come elefanti né ombre minacciose che apparivano ad uno sporadico raggio di luna.
    Ora una radiosità, quasi accecante, saliva da fonti di luce invisibili.
    E i colori? Che dire?
    C’era una varietà meravigliosa di colori, colori così straordinari difficili anche da descrivere, colori in continua evoluzione man mano che si procedeva.
    Una musica dalle sonorità mai immaginate sembrava carezzare l’anima.
    Dunque, non avrebbe mai voluto che tutto quello in cui era immersa, un vero sogno meraviglioso, avesse fine.
    Sarebbe rimasta in quel mondo di grande accoglienza per sempre...
    Fu così che, senza neppure sapere come, si ritrovò davanti all’antro della Sibilla.
    Qui la luce era più fioca.
    Tutto sprigionava un forte richiamo di bontà e benessere.
    Giada ebbe chiara e immediata l'impressione di essere attesa.
    Poi tutto accadde rapidamente.
    Il barbaglio si inoltrò con decisione all'interno e scomparve.
    Stava automaticamente per varcare la soglia anche lei, quando la donna fu costretta a fermarsi.
    Dai lati in ombra dell'entrata, avanzavano a passo regolare, quasi a passo di danza, due cortei di ancelle elegantemente abbigliate.
    Tenevano tra le braccia teli ed unguenti, ampolle di profumi e serici nastri.

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  26. Le ancelle la presero gentilmente per mano e le fecero varcare la soglia-nonsoglia che introduceva all’antro della Sibilla, una linea più immaginaria che reale.
    Quindi la circondarono in un carosello in cui ognuna eseguiva con maestria il proprio compito in una sorta di danza.
    Vapori profumati si sprigionavano ovunque da punti nascosti.
    Pervadevano ogni punto di luce attenuandone le tonalità.
    Acque gentili gorgogliavano argentine, musica celestiale alle orecchie di Giada.
    Completamente rilassata, si rese conto che non c’era più alcuna resistenza in lei.
    Senza incertezze decise di lasciarsi andare a quei riti di purificazione per goderseli pienamente, abbandonandosi senza più pensare, sicura che tutto si sarebbe compiuto come previsto da sempre.
    Ci furono bagni ripetuti in vasche di forme diverse in cui la temperatura dell’acqua variava in continuazione.
    Saliva o scendeva gradualmente con delicatezza, mentre lei si lasciava andare.
    A volte, invece, faceva dei balzi improvvisi che la riportavano alla realtà, procurandole una sferzata di adrenalina e di brividi in tutto il corpo.
    Le ancelle finalmente la detersero e l’avvolsero in teli di lino finissimo.
    Tra le intriganti note di un‘arpa lontana, morbidi unguenti furono spalmati, profumi d’oriente spruzzati in abbondanza, nastri di seta annodati con perizia.
    Adesso era pronta.
    Nella bellezza più splendente, la donna fu condotta all’interno di un'ulteriore grotta. Era una grotta circolare arredata con lussuosi tappeti e cuscini di ogni grandezza.
    Broccati, damaschi, stoffe intessute con fili d’oro e d’argento rilucevano in ogni dove.
    Una volta dentro, Giada ristette un attimo indecisa.
    Tutto quello sfarzo era insolito e quasi impensabile nell’antro della Sibilla.
    E non era tutto!
    Infatti, la cosa più stupefacente era che alzando gli occhi al soffitto… questo non c’era!
    Al suo posto, un cielo azzurro e luminoso si perdeva all’infinito.
    Le ancelle le fecero segno di accomodarsi sull’ottomana vicina alla fontanella cristallina e si ritirarono senza far rumore, con il loro incedere composto a passo di danza.


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  27. Giada cercò di riflettere.
    Le sembrava tutto così naturale eppure... strano.
    Per un attimo fu attanagliata da un dubbio: quello di essere morta.
    In questo momento giaceva nella sua casa o nella locanda (avvelenata dai maledetti finferli?)
    e quello che sentiva come il suo corpo era in realtà la sua "Anima"?
    Il bosco e l'antro stesso della sibilla erano "trasfigurazioni" dei luoghi reali
    costruite in base ai suoi ricordi?

    Mentre meditabonda faceva il punto alle sue spalle apparve la Sibilla.
    Giada non se ne accorse, anche perchè non faceva alcun rumore, finchè non parlò:
    "Sei perspicace, figlia mia.
    Il Fulcro non sceglie mai a caso"
    Giada si girò di scatto e vide la Sibilla, luminosa come non l'aveva mai vista.
    Dopo un attimo si accorse che la sacerdotessa non stava avanzando verso di lei camminando
    ma... lievitando!
    " Ci troviamo sul piano astrale. Lì dove ogni cosa è energia e si mostra per quello che è,
    e per quello che pensa di essere"
    continuò la Sibilla
    "Sei stata guidata qui per incontrarci. In realtà in questo momento ti trovi a casa tua.
    il tuo corpo è la tua ancora con quello che chiamiamo 'realtà',
    se gli accadesse qualcosa tu resteresti confinata qui come 'spirito' incorporeo.
    Ma non preoccuparti, il tuo corpo in questo momento è ... sorvegliato"
    Sorrise divenendo ancora più luminosa.
    "Si sa che la mano che fa dondolare la culla è la mano che regge il mondo.
    Oggi l’universo non ha altra prospettiva, altro asse, altro centro che questo.
    Le madri hanno un grande potere, non lo chiedono, ma ne reggono il peso.
    Il bambino comincia in noi molto prima del suo inizio e questo i nostri avversari,
    i Dagon (quelli che tu chiami non a torto 'il male'), lo sanno.
    Questi mesi di prove e di interiorizzazione della situazione sono semplicemente serviti
    a prepararti a ciò che verrà.
    Ben altre prove ti attendono ma ora inizia il cammino, quello vero, pericoloso e anche doloroso.
    Più di quanto lo è per le altre donne, ma meraviglioso.
    Finalmente dentro di te, nel profondo, hai cessato di essere figlia e hai cominciato ad essere madre.
    Adesso solo una cosa ti necessita, quantomeno nella fase iniziale: un padre."

    Giada si lasciò scappare un piccolo sospiro.
    Non aveva mai dato molta importanza e peso agli uomini intesi come compagni.
    Non aveva una grande opinione degli uomini in generale, in ogni caso.
    Concentrata sulla sua carriera aveva bollato come superfluo tutto ciò che non poteva
    aiutarla.
    Tutto ciò che in passato aveva fatto era sempre stato funzionale a questo suo obiettivo,
    nient'altro le interessava, aveva sempre fatto le sue scelte senza rimpianti, qualcuno
    avrebbe sicuramente pensato che era ossessionata.
    Ma dal'altro canto aveva sempre tenuto in relativo conto le opinioni altrui.
    L'universo avrebbe potuto fare un'altro piccolo sforzo e presentargli già un "prescelto".

    Come se le leggesse nella mente la Sibilla sorrise.
    Oramai era quasi una certezza che ne fosse davvero in grado.
    "Non preoccuparti, non sarai gravata anche dal peso di questa scelta.
    Prima che il sole tramonti incontrerai un consorte.
    E' stato scelto paziente e tollerante, perchè possa resistere al tuo fianco,
    sopportando i tuoi scatti e prevenendo i tuoi accessi d'ira,
    veloce quando tu 'scorri' veloce,
    indulgente e lento all'ira quando sarai fuori controllo.
    La gravidanza non migliorerà certo il tuo carattere e questo
    è stato tenuto in debito conto."

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  28. Tese la mano traslucida verso di lei e anche il corpo di Giada cominciò a brillare luminoso
    "Il motivo per cui sei qui è farti capire che sei pronta.
    La tua pancia è pronta a diventare nobile come il tuo cuore.
    Abbandona l'idea di tenere sotto controllo il tuo corpo, di addomesticarlo,
    sta per trasformarsi in modi che non puoi presagire"
    La luminosità continuava a salire.
    "Vai figlia mia, questo è un punto da cui non c'è ritorno.
    Sii salda e forte.
    Non temere saremo sempre al tuo fianco.
    ...
    Ave madre!"
    La luminosità emessa da ambedue le donne era diventata accecante cancellando l'ambiente circostante e
    impedendo a Giada di veder persino la Sibilla di fronte a lei... di cui però continuava ad udire la voce.

    Giada si "svegliò" all'improvviso stesa sul suo letto, completamente vestita, a casa propria.
    Stranamente, nonostante quello che era successo, non si sentiva spaesata
    ed era riposata come non accadeva da mesi.
    Stava stiracchiandosi mentre rifletteva quando... sentì bussare alla porta.
    Sentiva che era qualcuno che sarebbe stato importante nella sua vita, almeno per un pò.
    E al diavolo i Dagon o come diamine si chiamavano, al momento era decisamente ottimista.
    Forse stava semplificando un pò troppo le cose, ma al momento si sentiva come la protagonista
    di una favoletta.
    E cosa sarebbe una favola senza un lieto fine?
    Sorridendo iniziò a scendere le scale per scendere al piano di sotto ed accogliere l'ospite che sicuramente
    i suoi domestici avevano già fatto entrare...
    Le sembrava simbolico che il piano dove si trovava lei fosse più scuro perchè i solerti servitori avevano
    sciolto i tendaggi alle finestre per non disturbare il suo riposo.
    Si stava avviando verso il suo destino... andando verso la luce!

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  29. E il tempo si fermò…
    O forse scorse via con la velocità del pensiero...
    Tutto nel mondo accadeva secondo i ritmi prestabiliti.
    Il Bene e il Male, eternamente in lotta, non si risparmiavano scontri epocali.
    Di Giada rimaneva un essere senza tempo, vecchio come il mondo eppure in qualche modo attuale, un’icona dai capelli lunghi e bianchi in grado di acquisire luce in un secondo in presenza della Sibilla.
    Ora Giada sapeva.
    Coglieva tutto con chiarezza.
    Il suo tempo si era concluso.
    Aveva dato alla luce un Afsana tanto atteso.
    Lo aveva portato in grembo e da lui la sua vita intera era stata completamente stravolta.
    Questi era stato davvero determinante per i destini del mondo.
    Il tempo si era srotolato lentamente e velocemente insieme.
    La Conoscenza era entrata dentro di lei.
    Ne era stata profondamente forgiata.
    Tutto si era trasformato.
    Nulla era stato più lo stesso dal momento in cui era stata prescelta per dare alla luce un Essere così assoluto.
    Un Afsana appunto.
    Ancora non comprendeva bene come fosse stato possibile, pur avendolo in fondo sempre saputo di essere stata prescelta.
    Ora, vecchia, corrosa e contorta come il Tempo stesso, si sentiva appesantita dalla Conoscenza che aveva ormai raggiunto.
    Nell’antro della Sibilla, diventava sempre più spesso opalescente e luminosa, per penetrare a fondo lo stato del Sapere in cui era immersa.
    Era un peso dolce e amaro quello della Conoscenza, al quale non avrebbe voluto rinunciare per niente al mondo.
    Dunque ora sapeva.
    Dunque ora era tempo per l’arrivo di un nuovo Afsana.
    Di lì a breve sarebbe nato e avrebbe realizzato il compito per il quale era stato messo al mondo.
    In quella la Sibilla sedette sullo scranno.
    Si girò verso di lei con gli occhi che non potevano vedere.
    Un subitaneo bagliore invase la grotta.
    Opalescenti le due rimasero per un po’ nel cono lattiginoso del Sapere.
    Ciò che doveva accadere era accaduto.
    Ecco.
    Un nuovo Afsana, un Narratore che racconta la storia del mondo, aveva visto la Luce.

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